30 vendemmie per il Bianchello Superiore Campioli

Il Campioli compie trent'anni. Il vino simbolo dell'azienda agraria Fiorini di Barchi (Terre Roveresche) celebra nel 2022 un traguardo storico, che sigilla il legame con la vigna e la terra, quella della tenuta Campioli, dove sono situati la maggior parte dei vigneti e delle case coloniche aziendali, ultimo presidio del modello mezzadrile marchigiano. È lì, che a inizio '900, Luigi Fiorini scelse di concretizzare un sogno e costituire l'azienda agricola, oggi guidata da Carla Fiorini, imprenditrice ed enologa.

La tenuta Campioli è nata dalle ceneri di Campioli Castello, antico borgo che ha resistito al tempo e alle intemperie fino quando, alle fine del Duecento, la peste si portò via tutto e il castello scomparve. Millenni dopo Campioli risorse e la terra si risvegliò per dare vita a un nettare divino.

Da più di 100 anni Cantina Fiorini racconta la storia di un amore antico verso la terra e valorizza con tenacia e passione la Doc Bianchello del Metauro. Nel corso di un secolo, Fiorini ha radicato la sua identità proprio in questo vitigno autoctono coltivato sulle colline che fiancheggiano il fiume Metauro.

Era il 1991 quando Valentino Fiorini, padre di Carla, decise di valorizzare con una etichetta il primo vino e compiere un cambio di passo decisivo per orientare la qualità produttiva, per una gestione innovativa ed etica dell'azienda. Nei tre decenni, la famiglia Fiorini ha percorso il sentiero verso l'eccellenza enologica intrecciando la propria storia con le nuove frontiere del vino.

In occasione dell'anniversario 2022, Tenuta Campioli riporterà in etichetta un bollino oro che cita le '30 vendemmie', per rendere omaggio, appunto, a un vino che fa parte del patrimonio enologico italiano, la formula vincente delle Marche vitivinicole e soprattutto il traguardo di successo dell'azienda Fiorini.

«Campioli - racconta Carla Fiorini – nasce da un progetto ambizioso di mio padre, che è diventata una grande sfida di questi anni: far conoscere e apprezzare una Doc, il Bianchello del Metauro, rimasta per tanto tempo nell’ombra. All'epoca ero fuori per gli studi di enologia e ricordo il percorso di trasformazione dell'azienda e l'entusiasmo per la nascita di una bottiglia tutta nostra. Sono stati anni di cambiamenti significativi che abbiamo vissuto con serenità grazie anche a tutti i consigli preziosi del nostro consulente di allora, l'enologo Roberto Potentini, persona dall'umanità straordinaria oltre che stimato professionista».

Il Campioli di Fiorini rappresenta una sorta di spartiacque nella storia di questa Doc. Carla Fiorini continua: «Con la prima etichetta, mio padre aprì la strada a tutte le aziende che successivamente scelsero di investire in questo vitigno. Fu però fondamentale la connessione tra la nostra azienda e l'esterno, che creò mia madre Silvana grazie alla sua spiccata propensione alle relazioni. Da milanese doc con un passato nel mondo della moda, aveva intuito che non bastava fare un buon prodotto, ma occorreva comunicarlo bene, creare rapporti con altri settori, organizzare eventi con gli stakeholder, promuoverlo nei luoghi più rappresentativi del tempo. Insieme a mio padre, sono riusciti a dare valore al nostro lavoro, facendoci conoscere anche fuori il nostro territorio e aprendoci una strada ricca di gratificazioni».

Oggi Campioli, con 70 mila bottiglie prodotte all'anno, è fra le etichette di Fiorini ambasciatrici del Bianchello, a anche il più significativo: un Bianchello del Metauro Doc Superiore che utilizza le uve provenienti dal vigneto Campioli, di circa trent’anni di età.

«Sono ormai venticinque anni che seguo da vicino la vendemmia del Campioli – conclude Carla Fiorini – e posso confermare che il vino si è sempre aggiornato nel tempo pur mantenendo lo stesso stile e un'identità forte che lo hanno reso ogni volta riconoscibile e apprezzato. Questo perché sono combinate insieme le più moderne tecnologie con il rigoroso rispetto del frutto e della terra da cui nasce la nostra uva. Un sodalizio che riassume la filosofia dell'azienda agraria Fiorini e si traduce in rari interventi in cantina ed è quindi coerente con la scelta di convertire la produzione al biologico. Ecco perchè il Campioli è sempre stato unico e riconoscibile fra tutti».

Nel corso di trent'anni, anche l'etichetta di Tenuta Campioli è cambiata spesso ma non è mai stata stravolta. In basso, si vede un casale, tratto dallo schizzo di un'artista e ripreso da una architetta amica di famiglia. Al centro la dedica che Carla Fiorini fece introdurre nell'etichetta subito dopo la scomparsa del padre (2015): 'Valentino Fiorini è stato il “padre” del Campioli di oggi, immaginando e realizzando la prima vendemmia nel 1991”.Nel 2022 l'etichetta si arricchisce di un segno grafico: bollino oro e di una scritta '30 vendemmie'.

La cantina Fiorini

In ogni etichetta della Cantina Fiorini emerge il forte legame identitario con la cantina, che si tratti di autentici omaggi alla tradizione o di sapienti sperimentazioni.

Degli oltre 100 ettari di terreni quasi interamente a conduzione biologica, ben 45 sono destinati ai vigneti: trenta ettari di Bianchello, tre ettari di Sauvignon Blanc, due ettari di Verdicchio e dieci ettari tra Sangiovese ad acino piccolo, Sangiovese ad acino grosso, Montepulciano e Cabernet Sauvignon, da cui provengono le tredici etichette.

In particolare il passaggio al biologico, avvenuto nel 2013 è stato un passo significativo nella lunga storia dell’azienda. Una scelta fatta per confermare il legame con la terra, proteggere i vigneti e il lavoro di chi ogni giorno se ne prende cura, ma soprattutto perché, oggi come ieri, per Fiorini metodi e modi di produzione, vinificazioni e affinamento hanno, come obiettivo principale, il rispetto del frutto e della terra. Diventa quindi fondamentale l’attenzione per la sua integrità, in ogni fase, perchè è qui che si gioca la partita sulla qualità. Per Fiorini il fattore umano è indispensabile in tutto il processo, a maggior ragione, nella raccolta, che avviene rigorosamente a mano e che permette di compiere una selezione accurata. Si ricorre, inoltre, ad alcune precauzioni tecnologiche nelle fasi più delicate del processo (come la refrigerazione delle uve e la pressatura soffice sotto copertura di gas inerti), per non intervenire più sul vino ottenuto dalla fermentazione. Dopo di che, solo il tempo, l’affinamento e i giusti tagli fanno il resto.

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