Piatti restaurati come opere d’arte. Come mangiavano gli antichi romani e i compagni rivoluzionari di Robespierre? Il gusto dei sapori antichi torna in tavola nel ristorante storico tra le colline marchigiane.



 di Luana Spernanzoni


 

Una storia molto particolare quella di Linda e Paolo.

Sono restauratori d’arte, riportano in vita opere che il tempo ha segnato, hanno nel cuore la missione di farne conoscere la bellezza e farla apprezzare.

Nel corso di lavori di restauro del nobile palazzo settecentesco, si imbattono nell’archivio delle carte di cucina della nobile e importante famiglia Bonaccorsi. Un patrimonio di saperi ormai perduti e fonte proficua di conoscenza delle tecniche di preparazione dei cibi, del costume, del cerimoniale, dei prodotti del territorio. Un fascino culturale a cui la coppia non sa resistere.

 

E’ così che lì a poco la storia della cucina, da Catone e Columella, fino all'Artusi, sarà al centro di letture e approfondimenti della famiglia Sciapichetti. E gli studi non restano solo teorici. Dal 2017 con l'associazione culturale “Domus in Arte” iniziano a fare didattica sull'alimentazione durante la storia e propongono ai soci banchetti a tema storico.

 

Con la stessa passione e la cura che necessitano le opere d’arte, la coppia decide di recuperare e conservare la cultura gastronomica che nel corso dei secoli ha caratterizzato il territorio.  E allora il laboratorio di restauro si trasforma prima in cucina, poi in ristorante.

Via i piani da lavoro. Servizi di piatti antichi, cristalli e tovagliati soppiantano pennelli e colori.

Il laboratorio di restauro diventa così il luogo dove prende vita, nella primavera scorsa, nell’anno più difficile che i contemporanei possano evocare, il ristorante Domus Historical Food a Pollenza (MC).

 

Linda Ricci prova le ricette storiche, cerca gli ingredienti usati nel tempo, realizza pietanze e interi menù che sono viaggi nel tempo.

Con scrupoloso rigore, vuol ricostruire e proporre ai clienti l’esperienza sensoriale dell’epoca storica cui i piatti fanno riferimento.

 

 “Riproduciamo menù antichi, dal tempi dei Romani all’Ottocento, racconta Linda, studio le ricette dei piatti che, nel corso dei secoli, hanno caratterizzato la tavola delle classi abbienti con gli ingredienti che ancora oggi fanno parte della nostra cucina.”

 

Un progetto culturale ambizioso che ha riscosso un grande interesse, nonostante la pandemia abbia cambiato la convivialità e la ristorazione.

 

Ci piace condividere con gli altri questa nostra ricerca, il mangiare è un’esperienza sensoriale , i clienti gustano piatti dal sapore particolare, storico“.

Eppure non deve essere facile aprire un ristorante con pochi coperti ed un approccio culturale proprio mentre la pandemia dilaga. Ma la risposta della clientela li ha premiati. Tantissimi i giovani che nella scorsa estate seduti a tavola,  si incuriosiscono e cercano riferimenti tra quello che hanno nel piatto e alla storia appresa dai libri scolastici. Apicio, Senaca prendono, per così dire, posto a tavola.

Si sceglie di mangiare come nel Medio Evo, quando il gusto predominante era l’agrodolce con spezie come cannella, zenzero, noce moscata, chiodi di garofano prevalgono? Oppure, saltando secoli e pagine di storia, in tavola arriva il menù di aristocratiche famiglie, sontuose e spettacolari pietanze come nel Seicento.

 

Al Domus Historical Food si può fare l’esperienza di mangiare come nel Secolo della Rivoluzione e delle idee, quando i palati apprezzavano il grasso e salse simili alla maionese ma anche stupirsi con gli effetti originali di fiori freschi nelle pietanze o scoprire i refreddi che aprivano i conviviali settecenteschi. Se si sceglie il secolo del Romanticismo, in tavola arrivano le pietanze di banchetti ottocenteschi quando si rafforza la cucina regionale.

 

Anche la pizza, che incontra sempre il consenso di tutti gli ospiti, è l’intrigante pretesto per far da piatto contenitore e per richiamare Apicio, con zucca, garum e datteri. La pizza “1300 “é con fiordilatte, salsiccia artigianale e locale, salvia, spezie. La ricetta della pizza “del Menagìer” è stata  ricavata dal noto testo scritto a Parigi durante la fine del Trecento sotto il regno di Carlo V.

 

Rigore e qualità è il fil rouge.  Le verdure provengono direttamente dall’orto di casa. Ma non pensate che sia un orto come tanti. Le verdure ed erbe aromatiche sono coltivate con il metodo biologico come in un hortus inclusus dove regna ordine e geometria.

Gli ingredienti delle ricette provengono da produttori locali, da aziende del territorio e si potenzia così la sinergia della filiera corta e di qualità

 

La cucina può incredibilmente insegnarci la storia, facendoci capire guerre, economia e arte, racconta Linda con lo sguardo entusiasta, é fantastico come da una semplice ricetta puoi capire molto del tuo bagaglio culturale, tradizionale e del tuo territorio. Il progetto ci ha completamente rapito e abbiamo aperto l'Associazione Culturale Domus in Arte con cui, tra le altre cose, facciamo didattica

con la consapevolezza che non si finirà mai di imparare cose nuove e con la predisposizione al confronto e alla crescita continua”.

 

E sebbene la ristorazione in questi giorni di lock down sia solo d’asporto anche per il Domus, la storia non si ferma e speriamo presto riprenda la vitalità del settore che tiene uniti indissolubilmente produttori agroalimentari e ristoranti.

 

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